lunedì 13 giugno 2011

Sandro Plano: Torino-Lione, il dovere dei sindaci

 
Luigi La Spina ha pubblicato su “La Stampa”, il 10 giugno, nell’articolo “Torino-Lione, il dovere dei Sindaci” alcune discutibili considerazioni. Preciso che gli Amministratori della Valle di Susa hanno sempre mantenuto un profilo istituzionale e meno che mai, in nessuna occasione, hanno istigato il ricorso alla violenza. Riconoscono il diritto del Governo, legittimato da una maggioranza, di realizzare quest’opera anche se molti ormai la considerano inutile e troppo costosa. Rivendicano però il diritto di dissentire su queste scelte che toccano pesantemente la nostra Valle.
L’Osservatorio era stato istituito per risolvere tecnicamente un problema politico e invece ha tentato di risolvere politicamente un problema tecnico. Ha prodotto progetti e tracciati mai approvati dalle Amministrazioni locali. Prova ne è che nel 2005, 24 Comuni si erano espressi negativamente, l’avvio dei lavori del tunnel geognostico di Venaus era stato dato alla presenza di circa 1.000 Agenti delle Forze dell’Ordine e le manifestazioni di piazza radunavano oltre 20.000 persone. Nel 2010, all’avvio della campagna di sondaggi, la situazione era praticamente immutata. Probabilmente qualcuno dovrebbe prendere atto che qualcosa non ha funzionato anziché pervicacemente sostenere che si tratta di un problema di pochi estremisti.
Il progetto della Torino-Lione in sponda sinistra della Dora è stato abbandonato a favore di una linea in sponda destra che permettesse un accesso passante all’interporto di Orbassano. Questa scelta comporta la necessità del raccordo di Corso Marche per evitare il passaggio del traffico merci in città e conseguentemente un allungamento del percorso, un aumento dei tempi di percorrenza, un forte incremento di costi. Sorgono quindi fondati dubbi sulla reale convenienza di tale opzione e sulla possibilità di rivitalizzare uno scalo sottoutilizzato da anni.
Si dice che è stato stabilito un piano di compensazioni. Non vogliamo il treno e quindi non le chiediamo, ma se questo tema è sbandierato per convincere alcuni dubbiosi, il Governo dovrebbe spiegare come farà a mantenere le promesse se vuole abbassare le tasse e tagliare le spese per trovare i 40 miliardi delle prossime Finanziarie. Dovrebbe spiegare il senso delle parole del Vice Ministro Castelli a Bardonecchia: “l’opera è di per sé la compensazione” e le dichiarazioni dell’Architetto Virano: “prima si fa l’opera poi arrivano le compensazioni”. Cambiali scoperte all’incasso tra venti anni. Francamente mi stupisco che qualche collega Amministratore della Valle si presti o creda a questo gioco mediatico.
I veri punti critici della viabilità piemontese non riguardano i valichi, che sono notevolmente sottoutilizzati ma riguardano la tangenziale di Torino che ormai sta superando un traffico giornaliero medio di oltre 200.000 veicoli, con rallentamenti e code nelle ore di punta; la metropolitana con una sola linea (a Lione 5) inadeguata alle reali esigenze di una Città che vorrebbe avere standard europei. Si può dire che Torino non è isolata, è intasata!
Il sistema di trasporto attuale ha retto agevolmente il periodo del boom economico che richiedeva grandi volumi di trasporto di materie prime e di prodotti finiti specie nel settore automobilistico. La trasformazione del sistema di relazioni industriali tra i paesi occidentali e quelli emergenti comporterà una diversa collocazione del Piemonte in attività di tipo finanziario, tecnico e intellettuale piuttosto che di industria pesante. Torino non deve essere una Tappa, deve essere una Meta! Per queste ragioni gli investimenti pubblici dovrebbero riguardare il miglioramento dei collegamenti aerei, della tangenziale, del trasporto pendolari, della metropolitana.
Vantaggi per l’economia locale, lavoro e turismo. Sono gli stessi argomenti che probabilmente il Faraone Cheope usava per convincere gli schiavi che la costruzione della sua piramide era salutare per l’economia dell’Egitto. Aveva ragione, il lavoro c’è stato subito (con qualche frustata) e il turismo è arrivato. Ahimè 4.000 anni dopo! Nel frattempo il movimento “No Piramide” faceva un rapporto costi/benefici e concludeva che tutte quelle pietre erano troppe per un morto solo. Oggi, la stessa cosa succede per il nostro treno tra Torino e Lione, parecchi miliardi di euro per tre coppie di treni al giorno.
Già oggi i treni della neve potrebbero raggiungere Bardonecchia o Oulx sulla linea storica, da Madrid, Parigi, Londra e Milano, ma purtroppo non ci sono. Non si confonda il fine con i mezzi: il fatto che si crei una nuova stazione a Susa non comporta necessariamente che si aumenti il numero di turisti e di sciatori e d'altronde un utilizzo spinto della nuova linea ridurrebbe quella storica alla poco felice condizione di “ramo secco”.
“La tentazione di accendere lo scontro” non ci riguarda. A più riprese abbiamo sollecitato le Istituzioni e il mondo politico torinese ad abbassare i toni. Fiato sprecato. E per quanto riguarda le minacce evidenzio che tempo fa quattro pallottole in una busta e numerose lettere d’insulti sono arrivate anche a me, spedite probabilmente da qualche focoso sostenitore del Tav. Momenti poco piacevoli, ma stemperati dalla constatazione che quattro proiettili in una busta sono molto meno pericolosi di quattro proiettili nel caricatore di una pistola e che generalmente i cacciatori non spediscono avvertimenti alle lepri: sparano senza tante cerimonie. Questo per dire che i fatti si possono minimizzare, enfatizzare o narrare nella loro giusta dimensione.
Ho apprezzato la pacatezza delle dichiarazioni del Ministro Maroni, mentre il mio Partito prosegue con i proclami e scenari militari e minacce di espulsione. Accettiamo consigli da tutti, prediche da pochi, imposizioni da nessuno e non chiediamo al PD torinese di dire qualcosa di sinistra, gli chiediamo soltanto di tacere quando pensa a qualcosa di destra.
L’Italia sta cambiando, e il mondo politico non se ne accorge. Subiamo una politica fatta di annunci, di scandali, di svolte radicali che sembrano rettilinei che portano sempre allo stesso posto. La questione sul treno non deriva dalla sindrome nimby, è diventata una bandiera dell’insofferenza di molta gente alla situazione economica, sociale e morale di questa nostra Italia.
In questa vicenda vogliamo garantire la legalità e abbiamo grande rispetto per il compito istituzionale che stiamo rivestendo: quello di rappresentare chi ci ha eletto: la gente della Valle di Susa.

Sandro Plano