tratto da "La Stampa" 29.10.2010
Un «fortino» nella zona scavi
Il Pdl: intervenga Maroni
di Maurizio Tropeano
TORINO
Alla Maddalena di Chiomonte i lavori vanno avanti
senza sosta. Pietre, cemento, griglie di ferro. I tronchi di larice, che
serviranno per fare il tetto, sono già stati accatastati. Nel cuore del
primo cantiere italiano della Torino-Lione, però, picconi, carriole e
betoniera sono nelle mani dei volontari del movimento No Tav. Giorno
dopo giorno prende forma quello che loro chiamano «fortino», ma che
altro non è che una baita di montagna con i muri di pietra spessi una
cinquantina di centimetri.
In pochi giorni è stata gettata la soletta del pavimento, rialzata di una decina di centimetri da terra. E mani esperte hanno iniziato a costruire il muro perimetrale di pietre e cemento lungo sei metri e largo quattro. Per ora il muro è alto circa un metro e questo ha permesso di piazzare i pannelli isolanti - «arrivano da un capannone che dovrà essere abbattuto e il proprietario li ha ceduti gratuitamente», racconta Francesco del comitato di lotta popolare di Bussoleno -, che dovrebbero permettere di contenere la dispersione del calore.
La baita sorge su un terreno di circa mille metri quadrati di proprietà del movimento No Tav. La manodopera è gratuita - un paio di persone durante la settimana e venti-trenta nei weekend -, così come la gran parte delle materie prime, pietre e legname recuperato nei boschi di castagno. Il resto viene acquistato con i soldi delle donazioni e dell’autofinanziamento. Il tetto dovrebbe essere ultimato in quattro, cinque settimane. Condizionale d’obbligo, sia perché c’è di mezzo il fattore atmosferico, sia perché la costruzione del nuovo presidio è stato portata all’attenzione del ministro dell’Interno, Roberto Maroni.
Agostino Ghiglia, vice-coordinatore regionale del Pdl, ha presentato un’interrogazione parlamentare per chiedere di rimuovere «su invito del Prefetto le baracche e le strutture abusive costruite dai gruppi No Tav, senza autorizzazioni da parte degli Uffici tecnici comunali e in aree vincolate e trasformate in presidi permanenti del Movimento». Il parlamentare del Pdl ha allegato all’interrogazione un dossier fotografico dei vari presidi e nell’interrogazione sottolinea anche come «le strutture di cemento siano state costruite senza alcuna concessione urbanistica da parte dei Comuni». Il governo, dunque, deve «intervenire per far rispettare la legalità, perché non ci possono essere cittadini che pensino di essere legibus solutus». Nell’interrogazione, Ghiglia chiede anche al ministro dell’Interno di «rimuovere bandiere e pennoni sulle illuminazioni pubbliche e a ridosso della tangenziale».
La notizia dell’interrogazione parlamentare non blocca il lavoro nel cantiere No Tav. Come si fa a costruire senza permesso? «Pietra dopo pietra - risponde Francesco -, recuperando e ripulendo questo pezzo di bosco dimenticato». Mentre parla, mostra il castagno secolare messo in sicurezza e le aree liberate dai tronchi abbattuti. Continua: «Recuperiamo il bosco, ripuliamo il Clarea e difendiamo il nostro territorio da una grande opera che è costosa e dannosa».
In pochi giorni è stata gettata la soletta del pavimento, rialzata di una decina di centimetri da terra. E mani esperte hanno iniziato a costruire il muro perimetrale di pietre e cemento lungo sei metri e largo quattro. Per ora il muro è alto circa un metro e questo ha permesso di piazzare i pannelli isolanti - «arrivano da un capannone che dovrà essere abbattuto e il proprietario li ha ceduti gratuitamente», racconta Francesco del comitato di lotta popolare di Bussoleno -, che dovrebbero permettere di contenere la dispersione del calore.
La baita sorge su un terreno di circa mille metri quadrati di proprietà del movimento No Tav. La manodopera è gratuita - un paio di persone durante la settimana e venti-trenta nei weekend -, così come la gran parte delle materie prime, pietre e legname recuperato nei boschi di castagno. Il resto viene acquistato con i soldi delle donazioni e dell’autofinanziamento. Il tetto dovrebbe essere ultimato in quattro, cinque settimane. Condizionale d’obbligo, sia perché c’è di mezzo il fattore atmosferico, sia perché la costruzione del nuovo presidio è stato portata all’attenzione del ministro dell’Interno, Roberto Maroni.
Agostino Ghiglia, vice-coordinatore regionale del Pdl, ha presentato un’interrogazione parlamentare per chiedere di rimuovere «su invito del Prefetto le baracche e le strutture abusive costruite dai gruppi No Tav, senza autorizzazioni da parte degli Uffici tecnici comunali e in aree vincolate e trasformate in presidi permanenti del Movimento». Il parlamentare del Pdl ha allegato all’interrogazione un dossier fotografico dei vari presidi e nell’interrogazione sottolinea anche come «le strutture di cemento siano state costruite senza alcuna concessione urbanistica da parte dei Comuni». Il governo, dunque, deve «intervenire per far rispettare la legalità, perché non ci possono essere cittadini che pensino di essere legibus solutus». Nell’interrogazione, Ghiglia chiede anche al ministro dell’Interno di «rimuovere bandiere e pennoni sulle illuminazioni pubbliche e a ridosso della tangenziale».
La notizia dell’interrogazione parlamentare non blocca il lavoro nel cantiere No Tav. Come si fa a costruire senza permesso? «Pietra dopo pietra - risponde Francesco -, recuperando e ripulendo questo pezzo di bosco dimenticato». Mentre parla, mostra il castagno secolare messo in sicurezza e le aree liberate dai tronchi abbattuti. Continua: «Recuperiamo il bosco, ripuliamo il Clarea e difendiamo il nostro territorio da una grande opera che è costosa e dannosa».