mercoledì 13 luglio 2011

Valsusa, cosa farà l'esercito

 
tratto da L'Espresso - di Gianluca Di Feo
 
Dopo averlo smentito per mesi, il governo ha deciso di mandare le Forze Armate nei cantieri dell'Alta velocità. Sono gli stessi uomini impiegati in Kosovo e Afghanistan. Pattuglieranno le montagne e bloccheranno chiunque si avvicini alla zona rossa.

(13 luglio 2011)
Gli scontri in Val di Susa Gli scontri in Val di SusaAll'armi, all'armi! Nei cantieri della Tav arriveranno gli alpini, mandati 'al fronte' con la solita italica ambiguità. Centocinquanta uomini della Taurinense, gli stessi che la scorsa estate hanno combattuto in Afghanistan, prenderanno posizione in Val di Susa per vigilare sulle opere contestate. Dovranno fare la guardia a macchine ed operai minacciati dai dimostranti pronti alla violenza (soprattutto gruppi anarchici provenienti dai centri sociali duri e puri di tutta Europa) ma dovranno anche tenere a distanza i manifestanti pacifici dei tanti comitati valligiani ed ambientalisti, che hanno marciato contro la linea ad alta velocità tra Italia e Francia.

L'impiego dei militari era stato evocato da Guido Crosetto, il sottosegretario piemontese che ormai fa da supplente al ministro Ignazio La Russa, troppo preso dai giochi politici per dedicarsi alla Difesa.


Crosetto, parlando "da cittadino e non da uomo di governo" aveva detto di "essere stufo di vivere in un paese dove la democrazia non esiste. La Tav ne è un esempio evidente: una minoranza blocca la volontà della maggioranza". Per poi aggiungere: "Vivere in un paese in cui qualsiasi opera pubblica diventa un'emergenza nazionale, dove devono intervenire polizia, carabinieri, esercito, significa vivere in un paese che non ha futuro".


Certo, ma anche imporre una visione di democrazia facendo intervenire le forze armate ha un suono sinistro, sicuramente estraneo alla tradizione europea. Anche perché l'arrivo degli alpini può innescare una nuova fase di violenza. Per questo il ministro dell'Interno Roberto Maroni l'8 giugno s aveva dichiarato: "Non userò l'esercito, è un problema di ordine pubblico". Una posizione senza se e senza ma: "Ho escluso l'utilizzo dell'esercito, perché non vedo le condizioni né oggi né domani né in futuro per l'impiego delle forze armate". E subito i vertici locali della Lega, a partire dal governatore piemontese Cota, si erano allineati.


Forse avevano sottovalutato la situazione, che dopo i primi scontri sembra promettere un'estate di guerriglia nella valle. Forse non ci sono più fondi per pagare lo straordinario e l'alloggio agli agenti della Celere: oggi sono impiegati oltre mille tra poliziotti e carabinieri. Ed ecco la decisione di fare intervenire la Taurinense, un reparto d'elitè addestrato per le missioni congiunte della Nato: alpini che hanno pattugliato il Kosovo e sono reduci da un durissimo periodo di scontri nelle ben più calde vallate in Afghanistan.


Il mandato dei "fanti di montagna" è estremamente ambiguo. I primi plotoni prenderanno posizione nei cantieri soltanto "con compiti di vigilanza". Si ipotizza che nelle prossime settimane però gli alpini passeranno da una vigilanza statica a una dinamica, con pattuglie che perlustreranno il territorio: la versione montana di quanto accade nelle città dal 2008.


Le regole di ingaggio impediscono ai soldati di avere un ruolo attivo nei confronti con i dimostranti: non possono svolgere compiti di "ordine pubblico". La legge voluta dal governo Berlusconi e sostenuta da La Russa prevede che i soldati mandati in missione nelle strade abbiamo però mansioni di pubblica sicurezza: possono affrontare chi viola la legge. Se un manifestante - pacifico o violento - entra nel perimetro dei cantieri, la nuova "zona rossa", debbono bloccarlo e arrestarlo. E lo schema prevede che proprio per questo i soldati siano sempre accompagnati da un carabiniere o un poliziotto. 


Gli uomini della Taurinese - come tutti i soldati impegnati nelle missioni internazionali - sono addestrati anche ad controllare e domare disordini di piazza: è  lo scenario principale previsto per i contingenti mandati nei Balcani e - solo secondariamente - in Afghanistan. Il reparto dispone - o può velocemente ricevere - anche le dotazioni di materiali: scudi, manganelli, giubbotti anti-sommossa e in alcuni casi persino gas lacrimogeni da sparare con i lanciagranate. A questo poi si aggiunge la preparazione, ossessiva durante la spedizione afghana, contro ordigni improvvisati e trappole esplosive.