martedì 26 luglio 2011

Perché il 24 luglio ho messo il cappello da alpino alla Maddalena di Chiomonte.


Perché il 24 luglio ho messo il cappello da alpino alla Maddalena di Chiomonte.
Premesso che quanto dirò sono esclusivamente mie riflessioni, in quanto sono un ex alpino non iscritto all'ANA, per formazione culturale e caratteriale da sempre antitetico a qualsiasi forma di struttura militare. Pur tuttavia domenica ho messo anch'io con molti altri il cappello con la penna nera davanti al “fortino” della Maddalena.
L'ho messo innanzitutto perché il cappello l'ho portato (con la divisa) quasi quarant'anni fa per tredici mesi sulle nostre montagne, condividendo quei momenti non solo con tanti altri ragazzi come me, ma soprattutto con la gente di montagna, che come sempre ci vedeva e ci accoglieva come amici fraterni.
Almeno in tempo di pace le truppe alpine sono state viste non solo come un baluardo in difesa degli ultimi (la gente di montagna) ma come un aiuto concreto ed efficiente in caso di avversità e calamità naturali, soprattutto gli alpini in congedo della Protezione Civile, sempre presenti e disponibili ad ogni chiamata e ai quali va il mio plauso incondizionato.
Per questo la presenza degli alpini professionisti a difesa dell'ordine pubblico alla Maddalena contro la popolazione della Valle di Susa suona come un'offesa e una provocazione. Tanto maggiore se si pensa che questa Valle ha pagato con i suoi alpini (soprattutto nelle due guerre mondiali) un pesante tributo di sangue. Basta soffermarsi a guardare le lapidi nei nostri villaggi di montagna o nelle piccole borgate, con le lunghe file di nomi dei caduti (quasi tutti alpini).
Queste guerre (assurde come tutte le guerre) hanno privato i nostri paesi della “meglio gioventù” e hanno gettato nel dolore e nel lutto migliaia di famiglie.  Eppure queste umili genti di montagna non hanno mai perso la loro fiducia negli alpini e nelle istituzioni di quello Stato che oggi manda questi professionisti con la penna nera (forse stanchi di esportare la democrazia in Afghanistan) a “mettere in riga” la Valle di Susa.
Se l'obiettivo dei nostri politici bipartisan SITAV era quello di umiliarci e ferirci nell'animo, hanno sicuramente raggiunto lo scopo. Peccato che non abbiano ancora capito che, come le canne, ci pieghiamo al vento forte, ma subito dopo siamo di nuovo dritti. Le centinaia di penne nere (e di altri valsusini) convenuti domenica alla Maddalena lo stanno a dimostrare.
Ci hanno solo dato un motivo in più per indignarci.

Walter Neirotti - Bussoleno