Perché il 24 luglio ho messo il cappello da alpino alla Maddalena di Chiomonte.
Premesso
che quanto dirò sono esclusivamente mie riflessioni, in quanto sono un
ex alpino non iscritto all'ANA, per formazione culturale e caratteriale
da sempre antitetico a qualsiasi forma di struttura militare. Pur tuttavia domenica ho messo anch'io con molti altri il cappello con la penna nera davanti al “fortino” della Maddalena.
L'ho
messo innanzitutto perché il cappello l'ho portato (con la divisa)
quasi quarant'anni fa per tredici mesi sulle nostre montagne,
condividendo quei momenti non solo con tanti altri ragazzi come me, ma
soprattutto con la gente di montagna, che come sempre ci vedeva e ci
accoglieva come amici fraterni.
Almeno
in tempo di pace le truppe alpine sono state viste non solo come un
baluardo in difesa degli ultimi (la gente di montagna) ma come un aiuto
concreto ed efficiente in caso di avversità e calamità naturali,
soprattutto gli alpini in congedo della Protezione Civile, sempre
presenti e disponibili ad ogni chiamata e ai quali va il mio plauso
incondizionato.
Per
questo la presenza degli alpini professionisti a difesa dell'ordine
pubblico alla Maddalena contro la popolazione della Valle di Susa suona
come un'offesa e una provocazione. Tanto maggiore se si pensa che questa
Valle ha pagato con i suoi alpini (soprattutto nelle due guerre
mondiali) un pesante tributo di sangue. Basta soffermarsi a guardare le
lapidi nei nostri villaggi di montagna o nelle piccole borgate, con le
lunghe file di nomi dei caduti (quasi tutti alpini).
Queste
guerre (assurde come tutte le guerre) hanno privato i nostri paesi
della “meglio gioventù” e hanno gettato nel dolore e nel lutto migliaia
di famiglie. Eppure queste umili genti di montagna non hanno mai perso
la loro fiducia negli alpini e nelle istituzioni di quello Stato che
oggi manda questi professionisti con la penna nera (forse stanchi di
esportare la democrazia in Afghanistan) a “mettere in riga” la Valle di
Susa.
Se
l'obiettivo dei nostri politici bipartisan SITAV era quello di
umiliarci e ferirci nell'animo, hanno sicuramente raggiunto lo scopo.
Peccato che non abbiano ancora capito che, come le canne, ci pieghiamo
al vento forte, ma subito dopo siamo di nuovo dritti. Le centinaia di
penne nere (e di altri valsusini) convenuti domenica alla Maddalena lo
stanno a dimostrare.
Ci hanno solo dato un motivo in più per indignarci.Walter Neirotti - Bussoleno