Primo giorno “a lezione” sui danni dei lacrimogeni
(Articolo di Antonella Mariotti, La Stampa, 16 luglio 2011)
«La lavanda non si tocca». Nel campeggio No-tav alla Maddalena di Chiomonte ci sono donne al lavoro per preparare la mensa, pentole e pentoloni sono in fila sui tavoli sotto la cucina da campo. Ma che c’entra la lavanda? «Nei terreni del cantiere c’è un appezzamento di un ragazzo che coltiva la lavanda. Ci hanno detto che ci sono già passati rovinando tutto». In queste poche centinaia di metri quadrati, tra i boschi della Val Susa, con un paio di tende che faranno da mensa e la cucina da campo si sono radunate le «anime No-tav», assolutamente trasversali per generazione, idee politiche e anche religiose: una coppia ha esposto l’immagine della Madonna Rocciamelone. «Deve scrivere delle donne, siamo tutte qui da vent’anni. Siamo in prima fila, anche quando sparano i lacrimogeni, e la vede quella signora là che lava i piatti? Lei portava il malox e il limone ai ragazzi colpiti dai gas lacrimogeni».
Ermelinda è uno dei personaggi storici della battaglia contro l’alta velocità, sulla sua maglietta rossa sta scritto «Fumne contra la tav» e racconta: «Sono venuta qui per amore di un valsusino, e ho iniziato a combattere dal ‘98». Generazioni appunto, ci sono bambini che hanno visto in televisione gli scontri di Venaus del 2005, e adesso appena adolescenti sono qui con i genitori a pulire pentole e patate per la cena. O a raccontare quello che è successo durante gli scontri: «Qui trovi tutte le età, stiamo tutti insieme in questa battaglia. Spesso quelli della mia età non parlano agli anziani, invece questo ci ha unito». Xhesi è albanese ha 17 anni, è arrivato in Val Susa che ne aveva appena sette «e sul divano guardavo Venaus alla tv. Non voglio la Tav perché io voglio restare qui in Italia».
Lentamente la diffidenza che si avvertiva nelle prime ore del pomeriggio scompare con una tazza di caffè e un bicchiere d’acqua, seduti sotto l’albero all’ingresso del campeggio ci sono anche gli anarchici, qualcuno parla di una manifestazione per la commemorazione dei fatti del G8 a Genova, ma tutti o quasi sono impegnati nell’organizzazione e nell’attesa dell’evento di ieri sera. «Ci sarà la lezione del professore sugli effetti dei gas lacrimogeni». Massimo Zucchetti, ingegnere nucleare di Vercelli, è un docente del politecnico, ieri sera aveva una «classe mista», No-tav, poliziotti e carabinieri a sentire quali sono i danni provocati dai gas lacrimogeni.
Un quarantina di sedie davanti ai cancelli col filo spinato che chiude la strada al cantiere: di qua i valsusini e gli anarchici, dall’altra parte i poliziotti studenti involontari. Il prof ha distribuito le dispense come a una classe delle sue, le ha infilate tra il filo spinato anche per le Forze dell’ordine, qualcuno le ha prese. La tensione degli scontri non c’è più anche se le ferite dentro e fuori, da una e dall’altra parte, saranno difficili da sanare. «Noi non ci fermeremo mai. Sono vent’anni che combattiamo, qui ci sono figli e nipoti di chi ha iniziato». Pierluigi sarebbe uno degli «anziani» per età non certo per volontà: «Ormai abbiamo il Dna modificato qui. Si nasce No-tav. E ci riprenderemo anche la zona del cantiere. Vinceremo».
Ma ci sarà pure un modo per uscirne? «Noi l’alternativa l’abbiamo presentata - spiega il prof prima della lezione -, non parliamo di Alta velocità, ma di alta capacità per le merci. Adesso sono i politici che devono cambiare posizione». Di sicuro qui in Val Susa nessuno sembra disposto a cedere, prenotate anche le prossime generazioni, bambini e ragazzini che tra un piatto di pasta al ragù e una carezza ai cani liberi nel campeggio respirano l’«aria della rivolta».
(Articolo di Antonella Mariotti, La Stampa, 16 luglio 2011)
«La lavanda non si tocca». Nel campeggio No-tav alla Maddalena di Chiomonte ci sono donne al lavoro per preparare la mensa, pentole e pentoloni sono in fila sui tavoli sotto la cucina da campo. Ma che c’entra la lavanda? «Nei terreni del cantiere c’è un appezzamento di un ragazzo che coltiva la lavanda. Ci hanno detto che ci sono già passati rovinando tutto». In queste poche centinaia di metri quadrati, tra i boschi della Val Susa, con un paio di tende che faranno da mensa e la cucina da campo si sono radunate le «anime No-tav», assolutamente trasversali per generazione, idee politiche e anche religiose: una coppia ha esposto l’immagine della Madonna Rocciamelone. «Deve scrivere delle donne, siamo tutte qui da vent’anni. Siamo in prima fila, anche quando sparano i lacrimogeni, e la vede quella signora là che lava i piatti? Lei portava il malox e il limone ai ragazzi colpiti dai gas lacrimogeni».
Ermelinda è uno dei personaggi storici della battaglia contro l’alta velocità, sulla sua maglietta rossa sta scritto «Fumne contra la tav» e racconta: «Sono venuta qui per amore di un valsusino, e ho iniziato a combattere dal ‘98». Generazioni appunto, ci sono bambini che hanno visto in televisione gli scontri di Venaus del 2005, e adesso appena adolescenti sono qui con i genitori a pulire pentole e patate per la cena. O a raccontare quello che è successo durante gli scontri: «Qui trovi tutte le età, stiamo tutti insieme in questa battaglia. Spesso quelli della mia età non parlano agli anziani, invece questo ci ha unito». Xhesi è albanese ha 17 anni, è arrivato in Val Susa che ne aveva appena sette «e sul divano guardavo Venaus alla tv. Non voglio la Tav perché io voglio restare qui in Italia».
Lentamente la diffidenza che si avvertiva nelle prime ore del pomeriggio scompare con una tazza di caffè e un bicchiere d’acqua, seduti sotto l’albero all’ingresso del campeggio ci sono anche gli anarchici, qualcuno parla di una manifestazione per la commemorazione dei fatti del G8 a Genova, ma tutti o quasi sono impegnati nell’organizzazione e nell’attesa dell’evento di ieri sera. «Ci sarà la lezione del professore sugli effetti dei gas lacrimogeni». Massimo Zucchetti, ingegnere nucleare di Vercelli, è un docente del politecnico, ieri sera aveva una «classe mista», No-tav, poliziotti e carabinieri a sentire quali sono i danni provocati dai gas lacrimogeni.
Un quarantina di sedie davanti ai cancelli col filo spinato che chiude la strada al cantiere: di qua i valsusini e gli anarchici, dall’altra parte i poliziotti studenti involontari. Il prof ha distribuito le dispense come a una classe delle sue, le ha infilate tra il filo spinato anche per le Forze dell’ordine, qualcuno le ha prese. La tensione degli scontri non c’è più anche se le ferite dentro e fuori, da una e dall’altra parte, saranno difficili da sanare. «Noi non ci fermeremo mai. Sono vent’anni che combattiamo, qui ci sono figli e nipoti di chi ha iniziato». Pierluigi sarebbe uno degli «anziani» per età non certo per volontà: «Ormai abbiamo il Dna modificato qui. Si nasce No-tav. E ci riprenderemo anche la zona del cantiere. Vinceremo».
Ma ci sarà pure un modo per uscirne? «Noi l’alternativa l’abbiamo presentata - spiega il prof prima della lezione -, non parliamo di Alta velocità, ma di alta capacità per le merci. Adesso sono i politici che devono cambiare posizione». Di sicuro qui in Val Susa nessuno sembra disposto a cedere, prenotate anche le prossime generazioni, bambini e ragazzini che tra un piatto di pasta al ragù e una carezza ai cani liberi nel campeggio respirano l’«aria della rivolta».