tratto da Carta - di Marco Arturi
Alla fine, la polizia ha cercato in segreto un confronto con gli
amministratori locali per tentare una mediazione: a sera gli uomini
delle forze dell’ordine erano sfiniti da una battaglia logorante e si
rendevano conto dell’impossibilità di reggere una pressione tanto
ostinata ancora a lungo. Ma questo la grande informazione non lo
racconterà, perché è bene che a nessuno venga in mente di chiamare
quello che è successo a Chiomonte con il suo vero nome: resistenza.
L’assedio è riuscito, questo dicono i fatti. Decine di migliaia di
persone, nella composizione eterogenea che da sempre contraddistingue la
protesta valsusina, hanno accerchiato per l’intera giornata di domenica
quella che era la «Libera Repubblica della Maddalena», ora territorio
occupato militarmente. Una protesta che ha spaventato il potere per i
suoi contenuti e non per le sue modalità, come vorrebbe far credere
l’informazione omologata. Dal “ritorno dei black bloc” alle parole di
Beppe Grillo, tutto va bene alla politica e alla grande stampa pur di
ridurre la vicenda della Valsusa a una questione di estremismi e ordine
pubblico. I tg della sera e i quotidiani del giorno dopo non accennano
nemmeno alle ragioni che hanno portato all’assedio, se non per
enfatizzare una divisione netta tra manifestanti pacifici e violenti.
Tutto torna buono pur di non fare i conti con ciò di cui il movimento No
Tav è espressione, vale a dire una rivolta democratica e consapevole
fatta di dignità e partecipazione.
Con le debite proporzioni, il sasso lanciato dal manifestante
valsusino – sì, perché è bene che quest’altra balla venga smontata: i
valligiani non stanno tutti a guardare passivamente gli scontri – è
parente di quello scagliato dal ragazzo palestinese e la sua opposizione
incrollabile è discendente della Resistenza che tra queste montagne
trovò alcune delle sue espressioni più alte, come quella 41° Brigata
Garibaldi «Carlo Carli» della quale era comandante – repetita juvant –
Eugenio Fassino, padre del sindaco di Torino. Perché dall’altra parte
della barricata, di una delle tante che domenica sono state tirate su e
distrutte, ci sono l’occupazione di un territorio, le vigne
inaccessibili ai vignaioli, il filo spinato, i lacrimogeni al CS
lanciati spesso in risposta al nulla e ad altezza d’uomo, gli idranti,
adesso anche i proiettili di gomma. C’è un palazzo che non ascolta e che
si è rifiutato di cercare una soluzione vera, impegnato nel banalizzare
e condannare all’unisono un movimento che continua a crescere.
Così accade che decine di migliaia di persone, molte delle quali
provenienti da regioni anche lontane, decidano di trascorrere una
domenica di battaglia per affermare il diritto alla partecipazione.
Anche se i grandi quotidiani non ve lo racconteranno, quella di domenica
fuori dal perimetro controllato dalle forze dell’ordine è stata anche
una domenica allegra, con le botteghe del paese aperte, la musica, i
balli, il piacere di stare insieme. Non lo faranno perché saranno troppo
impegnati a formulare equazioni del tipo No Tav uguale BR e a parlarvi
dei «nuovi black bloc», vale a dire di chiunque indossi un casco, una
mascherina o un paio di occhiali da sub per proteggersi. Non vi diranno
di operai e pensionati giunti da tutto il centro nord per affermare che
la valle ribelle non è sola; preferiranno non raccontarvi di una
battaglia che si contamina con altre cento battaglie dell’ambientalismo e
a favore dei beni comuni, delle assemblee democratiche, dei ragazzi che
hanno scelto di venire a cercare su queste montagne l’impegno e l’etica
che non trovano altrove. Non parleranno di una legalità fraintesa,
messa in discussione dai metodi dell’occupazione e dal passato
giudiziario di alcune delle aziende alle quali sono stati affidati gli
appalti.
La giornata termina ma l’assedio continuerà, i No Tav sono stati
chiari a riguardo. Si cercheranno i metodi e i tempi adatti, ma si
proseguirà. La valle ribelle non dimentica sé stessa, come l’anziana
signora del borgo di San’Antonio che si è spinta in pantofole su uno dei
prati della Ramats, da dove era possibile osservare il campo di
battaglia coperto in più punti dal fumo dei lacrimogeni, e ci ha detto
«una cosa così l’ho vista solo quando ero bambina e c’erano la guerra i
tedeschi e tutto il resto. Magari questi oggi non ammazzano nessuno, ma
ad ammazzarne tanti ci penserà quello che passerò sotto la galleria che
vogliono costruire».