Siamo andati in Val Susa.
Domenica 3 luglio, con 4 pullman e diverse automobili, siamo partiti da Pisa - studenti, precari, lavoratori, famiglie - per portare la nostra solidarietà concreta al popolo della Valle, raccogliendo l'appello lanciato dal movimento No Tav dopo lo sgombero di lunedì scorso del presidio della Libera Repubblica della Maddalena.
Siamo andati perché l'attacco ai beni comuni - territorio, acqua, energia, saperi, salute - ci riguarda in prima persona così come ci riguarda lo sperpero di enormi quantità di denaro pubblico in grandi opere inutili alla collettività, ma funzionali ai tanti speculatori economici, politici e finanziari. Per questo, "siamo quelli venuti da fuori".
Abbiamo partecipato alla resistenza di un'intera valle che, dopo lo sgombero di lunedì di un territorio che i valligiani avevano liberato e vissuto come bene comune, ha deciso di assediare quel fortino militare che viene definito impropriamente "cantiere". Un assedio deciso collettivamente come non solo simbolico: l'obiettivo dichiarato era arrivare alle recinzioni, disturbare i lavori, far sentire concretamente l'ostilità alla
devastazione portata dalla Tav.
Domenica il popolo della Valle di Susa ha deciso di reagire, ognuno con i propri mezzi e le proprie possibilità, alla militarizzazione di un intero territorio; ha assediato il "cantiere" per ore e ha resistito agli attacchi violentissimi effettuati con gas lacrimogeni illegali. Non ci sono stati buoni e cattivi, cortei istituzionali e bande di infiltrati: chi era in Valle, e non è in malafede, sa che l'obiettivo dichiarato dei valligiani era l'assedio da diversi fronti e che questo obiettivo è stato raggiunto.
E' stata la resistenza legittima al tentativo di espropriare i diritti di tutti per difendere gli interessi di quei pochi che continuano a sostenere un modello di sviluppo inaccettabile e contestato, in Val Susa, in Italia, in Europa, nell'intero Mediterraneo.
Solo l'ipocrisia di chi non sa o non vuole leggere la realtà può guardare a domenica utilizzando i soliti consumati stereotipi di buoni/cattivi, violenti/non violenti, bravi cittadini/black block. Chi definisce un fazzoletto o una maschera sul viso l'armamentario del black block, non ha visto decine di migliaia di uomini e donne, anziani e giovani difendersi dai gas e non desistere dalla scelta condivisa di assediare il "cantiere".
A fronte della determinazione dei valligiani a riprendersi il proprio territorio, la risposta dei reparti speciali si è concretizzata come un atto intimidatorio teso a spaventare e terrorizzare, usando qualsiasi strumento, persino i pestaggi e la tortura, come testimonia il diciannovenne bolognese letteralmente massacrato all'interno del cantiere
dopo il fermo.
Non abbiamo paura di rivendicare la nostra condivisione delle scelte operate dal popolo della Val Susa nella giornata di domenica perché la difesa dei beni comuni è la difesa delle nostre vite.
Domenica 3 luglio, con 4 pullman e diverse automobili, siamo partiti da Pisa - studenti, precari, lavoratori, famiglie - per portare la nostra solidarietà concreta al popolo della Valle, raccogliendo l'appello lanciato dal movimento No Tav dopo lo sgombero di lunedì scorso del presidio della Libera Repubblica della Maddalena.
Siamo andati perché l'attacco ai beni comuni - territorio, acqua, energia, saperi, salute - ci riguarda in prima persona così come ci riguarda lo sperpero di enormi quantità di denaro pubblico in grandi opere inutili alla collettività, ma funzionali ai tanti speculatori economici, politici e finanziari. Per questo, "siamo quelli venuti da fuori".
Abbiamo partecipato alla resistenza di un'intera valle che, dopo lo sgombero di lunedì di un territorio che i valligiani avevano liberato e vissuto come bene comune, ha deciso di assediare quel fortino militare che viene definito impropriamente "cantiere". Un assedio deciso collettivamente come non solo simbolico: l'obiettivo dichiarato era arrivare alle recinzioni, disturbare i lavori, far sentire concretamente l'ostilità alla
devastazione portata dalla Tav.
Domenica il popolo della Valle di Susa ha deciso di reagire, ognuno con i propri mezzi e le proprie possibilità, alla militarizzazione di un intero territorio; ha assediato il "cantiere" per ore e ha resistito agli attacchi violentissimi effettuati con gas lacrimogeni illegali. Non ci sono stati buoni e cattivi, cortei istituzionali e bande di infiltrati: chi era in Valle, e non è in malafede, sa che l'obiettivo dichiarato dei valligiani era l'assedio da diversi fronti e che questo obiettivo è stato raggiunto.
E' stata la resistenza legittima al tentativo di espropriare i diritti di tutti per difendere gli interessi di quei pochi che continuano a sostenere un modello di sviluppo inaccettabile e contestato, in Val Susa, in Italia, in Europa, nell'intero Mediterraneo.
Solo l'ipocrisia di chi non sa o non vuole leggere la realtà può guardare a domenica utilizzando i soliti consumati stereotipi di buoni/cattivi, violenti/non violenti, bravi cittadini/black block. Chi definisce un fazzoletto o una maschera sul viso l'armamentario del black block, non ha visto decine di migliaia di uomini e donne, anziani e giovani difendersi dai gas e non desistere dalla scelta condivisa di assediare il "cantiere".
A fronte della determinazione dei valligiani a riprendersi il proprio territorio, la risposta dei reparti speciali si è concretizzata come un atto intimidatorio teso a spaventare e terrorizzare, usando qualsiasi strumento, persino i pestaggi e la tortura, come testimonia il diciannovenne bolognese letteralmente massacrato all'interno del cantiere
dopo il fermo.
Non abbiamo paura di rivendicare la nostra condivisione delle scelte operate dal popolo della Val Susa nella giornata di domenica perché la difesa dei beni comuni è la difesa delle nostre vite.
Daniela Fiaschi