Nella valle che resiste un uomo che decide di stare al
posto giusto, nel momento giusto, diventa l'uomo sbagliato nel momento
sbagliato, nel luogo peggiore. Era giusto esserci, oggi, insieme a chi ha
scelto di indossare il cappello degli alpini e passeggiare al di là delle reti
di un cantiere che non c'è. Ed era giusto esserci, questa sera, per partecipare
all'evento NO TAV = NO MAFIA organizzato per ricordare Borsellino, Falcone e
tutte le vittime della mafia, inclusi gli uomini e le donne della scorta che
per lottare contro la mafia hanno perso la vita. Al contrario di chi, oggi, ha
ancora una volta attaccato cittadini disarmati, sparando NON per allontanarli
per effetto dei gas lacrimogeni (peraltro tossici, al CS), ma con il preciso
intento di COLPIRLI con i proiettili, troppo spesso sparati ad altezza uomo,
puntando non tanto chi si avvicina al cancello, ma chi si avvicina con una
fotocamera o una telecamera in mano. Già, perché di questo hanno paura più che
di una pietra, di chi si "arma" di pericolose videocamere e poi è pronto
a raccontare la verità, quella che non sentirete a nessun TG.
La verità è che non è stato possibile commemorare le
vittime della mafia, non è stato possibile ricordare i nomi di Agostino, Claudio, Emanuela, Vincenzo, Eddie Walter,
uccisi per mano della mafia e schegge deviate di quello stato che con la mafia
aveva scelto di venire a patti piuttosto che combatterla. A.L., Valsusino
doc over 45, come tutti noi, voleva tenere viva la memoria di questi uomini e
queste donne, ricordandoli nel luogo dove oggi un'intera popolazione resiste e
lotta contro l'ennesima grande opera inutile e devastante che
vogliono imporre con la forza per favorire gli interessi di pochi, consapevoli
e noncuranti dell'altissimo rischio di infiltrazioni di mafia e 'ndrangheta.
Alle 19:45 stava preparando, insieme ai
compagni di Resistenza Viola, il materiale per allestire la videoproiezione del
film "IO RICORDO" davanti alla centrale, poiché era previsto di
estendere l'invito anche alle forze dell'ordine, alle quali avremmo regalato
alcune Agende Rosse. Poi gli spari, alcuni lacrimogeni arrivano
nell'area tende ed è il caos. A.L. ha già vissuto quella scena, lo sgombero, il
3 luglio, le notti... è pronto, indossa la maschera antigas, gli occhialini e
corre nella zona dove si stava recando per preparare l'evento, tiene in mano la
macchina fotografica per documentare ed è pronto ad aiutare chi ne avesse
bisogno. Raggiunge il ponte tra una marea di gente che corre, occhi gonfi,
tosse, qualcuno sembra disorientato. C'è molto fumo, troppo per capire da dove
stanno sparando, quasi una coltre di nebbia. A.L. tenta di filmare e, poco
prima di essere colpito al volto riesce a filmare il lancio di un lacrimogeno
che parte, presumibilmente, dai mezzi mobili, quelli che hanno montati dei piccoli
"cannoni" usati soprattutto per lanciare lacrimogeni a lunghe
distanze. Ma qui parliamo di 20, forse 30 metri. Con quei mezzi, infatti,
stavano sparando NON SOLO nell'area tende, ma anche sui NO TAV che ancora
resistevano nella zona del ponte, a pochi metri dal cancello dietro il quale
erano fermi i blindati. UN SECONDO è il tempo impiegato dal colpo che dal
blindato raggiunge il ponte. Poi il video s'interrompe. A.L. viene colpito in
pieno volto pochi secondi dopo, la maschera distrutta, il colpo è talmente
forte da farlo cadere a terra. Alcuni compagni lo aiutano a sollevarsi e
allontanarsi, ha il volto coperto di sangue, è confuso, non riesce a parlare.
Raggiunge l'area tende dove subito arrivano alcuni medici presenti alla
manifestazione e gli prestano le prime cure, la situazione è grave, naso e
mascella sono gonfi, perde molto sangue, ha lacerazioni interne, sotto il
palato, viene portato in auto al pronto soccorso di Susa.
Arrivato al pronto soccorso i medici,
vista la gravità della situazione, lo sottopongono ad una TAC, che rivelerà
fratture multiple a naso, mascella, lacerazioni profonde che vengono suturate
immediatamente, ma la prognosi resta riservata, in attesa di trasferimento al
reparto di chirurgia maxilo facciale di un ospedale di Torino, dove verrà
sottoposto ad intervento chirurgico.
Doveva essere una giornata colorata,
pacifica, resistente ancora una volta all'insegna della non violenza che da
sempre contraddistingue le azioni del movimento NO TAV. Ma la frangia violenta
ha agito ancora, presumibilmente usando nel modo peggiore (sparando a distanza
troppo ravvicinata) un'arma che avrebbe lo scopo di allontanare le persone per
effetto dei GAS e non per la spinta dei PROIETTILI! In questo modo la frangia
violenta è quella in divisa, l'ingiustizia è coperta ancora una volta da una
legalità svuotata ormai di ogni significato, se non quello di garantire
l'impunità a chi commette forse la peggiore delle violenze, perché di questo si
tratta quando un esercito armato fino ai denti spara a cittadini disarmati. La
macchina del fango ha continuato per giorni nell'azione preventiva di costruire
quanto oggi è accaduto, parlando di "infiltrati" reduci dalle
manifestazioni per il decimo anniversario del G8 di Genova, oltre ai black bloc
dei quali si continua a parlare, ma che nessuno evidentemente è in grado di
identificare e arrestare (sarà che sono sempre un'invenzione?), quindi dovevano
agire, dovevano creare gli scontri e l'hanno fatto prima del solito. Perché le
altre sere attendevano una certa ora, ma questa volta no: hanno gasato il
campeggio, dove c'erano anche anziani, donne e bambini, tra le 19:30 e le
20:00, annullando così gli eventi previsti, perché nella valle che resiste non
si può dire che NO TAV = NO MAFIA!
Dall'ospedale A.L. manda un messaggio a
tutti: "non mollate, ragazzi. Non molliamo. Resistere! Resistere!
Resistere!". Uno dei medici che lo ha accolto al pronto soccorso ha
semplicemente detto, dopo averlo esaminato "Lo stato è morto, la
democrazia è morta, ma te ne rendi conto solo quando vedi queste cose".
Queste cose noi non vogliamo più vederle. Abbiamo il diritto di conoscere
le regole d'ingaggio, e di sapere chi ha ordinato di sparare sulle persone
(altezza uomo) da quei blindati, con una potenza che ha rischiato di UCCIDERE
perché avrebbe potuto finire così se A.L. fosse stato, come tanti, sprovvisto
di maschera. Sappiamo che gli uomini in divisa hanno filmato tutto, sta a
loro identificare esecutori e mandanti, inclusi i responsabili politici. Perché
ancora una volta è stata ridotto ad una questione di ordine pubblico un
problema che ha a che fare con la democrazia, con il fallimento della politica,
con uno stato assente. Ora è giusto che nelle forze dell'ordine sia avviata
un'inchiesta ed è tempo che la politica torni ad affrontare la questione che da
22 anni non trova soluzione. E' tempo di riportare il tema sul piano politico,
dove da sempre avrebbe dovuto essere affrontato democraticamente. La Valsusa è
pronta, ma non chiedeteci di ascoltare, o di discutere "come" accettare
quest'opera inutile e devastante, e non tentate di farcela digerire spostandola
in Liguria perché il messaggio è sempre stato forte e chiaro: né qui, né
altrove.
E' arrivato il momento di fare
allontanare le truppe e riaprire il dialogo. La Valsusa è pronta a spiegare le
ragioni del NO, come lo è gran parte degli italiani.