«L’epoca dei feudatari è finita, i sudditi non esistono più: qui ci sono cittadini». Parola di Erri De Luca, scrittore e alpinista, il 7 marzo ospite del Valsusa Filmfest e, nel pomeriggio, in visita al “presidio” No-Tav di Sant’Antonino, nel cuore della valle di Susa che si oppone da anni con grande tenacia al progetto di alta velocità ferroviaria fra Torino e Lione. «Questo è il motivo che mi fa dire che, qui, non passeranno. Non ce la faranno, a passare». De Luca ne è sicuro. La resistenza civile della valle di Susa alla fine la spunterà contro tutti: poteri forti, economia, politica e grandi media che monopolizzano l’informazione. «Qui c’è una popolazione che non vuol essere invasa da queste opere gigantesche e inutili». Opere che «non si possono imporre, quando c’è questa volontà popolare». La comunità valsusina dunque resisterà, anche se «la politica è diventata una branca minore dell’economia, un comitato d’affari», e i media «sono anch’essi asserviti, fanno parte anche loro della catena di comando che l’economia ha sottomesso: politica, informazione». Non tutto è perduto, però: «Esiste la possibilità di fare informazione indipendente, il monopolio dell’informazione non è così minaccioso: può essere sempre scalzato». Proprio l’informazione indipendente, dice De Luca, potrà costringere i grandi media a raccontare meglio la realtà di lotte sociali come quella in corso in valle di Susa. Alla fine, grandi giornali e televisioni «dovranno abbassarsi a informare», se saranno “incalzati” da un esercito di reporter indipendenti, armati di telecamere.
De Luca condanna la violenza delle cariche della polizia che il 17 febbraio hanno causato due feriti a Coldimosso. «Mi spiace molto – sottolinea lo scrittore – che in quest’ultima macelleria sommaria che è stata fatta, con due persone – non ferite: massacrate, deliberatamente – non ci sia stata la possibilità di ricavare qualche piccolo filmato, qualche informazione». Lo scrittore cita il G8 di Genova: «Ci furono torture, ma in Italia non esiste il reato di tortura. I poliziotti colpevoli sono stati condannati per lesioni». Almeno, aggiunge De Luca, se c’è informazione può scattare la denuncia immediata, quindi «una messa sotto accusa di quelle prepotenze». Da Genova alla valle di Susa: «Quello che deve avere una lotta come questa è una moltiplicazione di fonti di informazione. E di riprese: dai telefonini alle telecamere, niente deve passare liscio, al buio. Il danno maggiore di
quel massacro – dice, riferendosi alle violenze di Coldimosso – è che non sono circolate le immagini. Non deve più succedere». Intervistato da “Libre” per il format televisivo italo-francese “Alp Channel” (programmazione su web e satellite a partire da aprile), Erri De Luca – vicino al movimento No-Tav già dalla rivolta popolare del 2005, che fermò il primo progetto Torino-Lione – insiste sul valore della resistenza democratica delle popolazioni alpine, decise a difendere il proprio territorio dall’invadenza delle grandi opere. «Una popolazione alpina ha un rapporto molto più stretto con il suo territorio, con l’ambiente, con la montagna, con l’acqua, con l’aria, con il suolo sul quale lavora. E dunque ha un diritto maggiore di intervento. E merita più ascolto». La montagna, dice l’autore de “Il peso della farfalla” (capolavoro poetico, storia di un camoscio e di un cacciatore) è una grande risorsa cui guardare per il futuro, da difendere come fa la valle di Susa, che combatte contro «stupidissimi e meschinissimi interessi economici», da quando è l’economia a «dettare le leggi», che poi «la politica esegue», intascando «grandi affari», a beneficio di «quelli che ne approfitteranno». Secondo De Luca «bisogna riportare la politica al comando», come è avvenuto negli Usa: «Hanno eletto un presidente nero, uno che ha portato alla presidenza degli Stati Uniti delle idee e delle cattive intenzioni nei confronti dei profittatori economici. Da noi non è ancora successo, ma dovrà succedere».