Turi Vaccaro è salito sopra un albero a Chiomonte. Ha violato il cantiere militarizzato e ha passato la notte sopra un pino, rischiando la propria incolumità. Ma non è una follia. Non dite che è una follia. La notizia di questo gesto farà sorridere i benpensanti, spingerà qualche caporedattore di giornale a pubblicare una fotografia nella sezione “curiosità”, sarà guardata con una certa sufficienza anche da buona parte del mondo politico e militante.
Ma non è una follia, perché Turi Vaccaro ci sta indicando la strada da seguire nella straordinaria lotta in corso in Val di Susa. Il metodo nonviolento è fatto di grandi azioni di disobbedienza, di resistenza passiva, di mobilitazioni e cortei, di scioperi e di scavo nelle coscienze proprie e altrui (con lo strumento, ad esempio, del digiuno). Ed è fatto - anche - di piccoli e grandi gesti, che nascono mentre la lotta si svolge, nel cuore dell’azione civile.
Turi è salito sopra un albero per dire che lo scempio ferroviario progettato in Val di Susa è contro natura e contro società. Non solo distrugge inutilmente l’ambiente, ma spezza anche il patto democratico che dovrebbe legare cittadini e istituzioni e ci fa compiere un altro pericoloso passo nella direzione dell’autoritarismo.
Non si deve collaborare. Non vanno dati pretesti, il messaggio dev’essere chiaro. Turi è salito su quel cedro per richiamare l’attenzione dei distratti e per allargare la strada al cammino dei cittadini consapevoli: la nuova folle ferrovia in Val di Susa non sarà mai fatta, se le persone manterranno la fermezza dei giusti, la determinazione degli amici della nonviolenza. Le persone saranno così forti, la lotta sarà così limpida, che nessun contingente di carabinieri, nessuna squadra speciale di polizia, nessun battaglione dell’esercito, potrà fare alcunché.
E’ questo il messaggio che ci arriva dal gesto di Turi, dalla sua notte trascorsa sul pino di Chiomonte. Grazie Turi.