giovedì 20 maggio 2010

I media, la Tav e i No tav


 
Di Claudio Giorno
tratto da Carta
Ieri i No Tav europei sono stati ricevuti al parlamento europeo e hanno consegnato la Carta di Hendaye, dove si spiegano le ragioni dei movimenti no tav europei. Una notizia oscurata dai giornali che parlano invece della presunta vittoria dei No Tav perché il tracciato della tav valsusina sarebbe in galleria. Notizie vecchie e per nulla affidabili.
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Difficile non farsi prendere da tentazioni dietrologiche dopo aver visto il telegiornale provinciale del Piemonte di ieri o aver letto come il cronista embedded di Repubblica [con un glorioso passato rivoluzionario al Manifesto] hanno scelto di informare i tele-cittadini e i lettori-urbani sull’argomento TAV tra la merenda di ieri e il cappuccino di stamane…
Si, perché quella di ieri è stata in qualche modo una giornata storica per il Movimento No Tav, come sa chi non si contenta di quel che passa il convento [dell’«informazione»] al parco buoi chiamato a impegnare magre pensioni e incerti stipendi per salvare sempre più spesso il culo di banchieri spericolati e speculatori efferati.
Avevamo preannunciato con largo anticipo la trasferta a Strasburgo di una folta delegazione di cittadini che affrontando ancora una volta diciannove ore di pullman per trascorrerne una decina nello smisurato palazzo un po’ colosseo e un po’ centro commerciale della Unione Europea vi avrebbero consegnato la «Carta di Hendaye». Una carta che vuole essere il manifesto politico di tutti i movimenti No tav d’Europa e che chiede perentoriamente la moratoria dell’approvazione e del finanziamento di nuove grandi infrastrutture. Una svolta che ponga termine allo sperpero di risorse dei cittadini del vecchio continente a scapito non solo di quella politica sociale a misura d’uomo che tutti [a parole] invocano, ma di una vera destinazione al capitolo dei trasporti della montagna di soldi ingoiati anno dopo anno dalla bulimica betoniera delle «Grandi opere». Avevamo mandato a quelle stesse «fabbriche di notizie», a quegli stessi «operai dell’informazione» anticipazioni e approfondimenti su quel che ci si apprestava a fare in quel parlamento dove proprio gli artefici della politica che lo sta mandando a picco fingono di vegliare l’agonia dell’Euro…
Non ci aspettavamo – certo – titoli di prima pagina o l’interruzione della cronaca d’arrivo di una tappa del «Giro d’Italia» per dare una diretta del nostro tour «dal Mediterraneo all’Atlantico», ma almeno un po’ di diligente attenzione agli sforzi generosi e tenaci di chi ha ancora a cuore il concetto [forse un po’ romantico] di una Europa dei cittadini piuttosto che di quella delle lobby…E invece è andata ancora una volta in scena la replica di un copione logoro e scontato, ma sapientemente riciclato come fosse l’ultima e più attesa delle novità. Come i fondi di magazzino dell’industria automobilistica vengono camuffati con cromature e fregi per poter essere rifilati ai gonzi [in vista del lancio «segreto» del nuovo modello] i progetti dell’Osservatorio tecnico per la Tav Torino-Lione vengono costantemente «ristilizzati». E come del povero maiale non si butta niente…
E Paolo Griseri [l’ex passionario della mirafiori operaia passato prima ancora di Riotta dalla periferia proletaria al salotto buono della finanza] si dedica con passione al compito: replicata nelle pagine nazionali del quotidiano di De Benedetti la sua cronaca cittadina vale una marchetta di un settimanale automobilistico «specializzato» per far fuori una vecchia panda sgangherata ma riverniciata rosso-Ferrari: «La vittoria dei No tav, il tracciato in galleria» titola a tutta pagina, «orientando» fin dall’apertura un romano che teme di ustionarsi con la marmellata bollente del cornetto [o un salernitano che rischia di soffocarsi per lo zucchero a velo troppo abbondante di una sfogliatella] contro gli anarcoinsurrezionalisti valsusini cui fa dire che «la battaglia non è finita» nonostante – subito dopo sottolinei che «dei 47 chilometri di binari che passeranno in valle, meno di 3 saranno in superficie e saranno una stazione, quella di Susa. Tutto il resto andrà in galleria», gli suggerisce il committente che sottolinea come il progetto [che verrà presentato a giugno, ma è stato la notizia del giorno, proprio ieri] non sarà solo un buon elaborato tecnico ma diventerà così un’opera di ingegneria non solo ferroviaria ma anche politica.
Si perché «è un fatto che tutta la bassa valle, quella che ha contestato in tutti i modi il progetto, verrà tagliata fuori dal tracciato: dopo la stazione internazionale di Susa la nuova linea correrà in galleria e sbucherà 36 chilometri dopo nella valle a fianco, al centro intermodale di Orbassano. Da qui altri 18 chilometri di galleria sotto l’abitato di Torino fino a Settimo Torinese, a nord della città sulla linea di alta velocità per Milano oggi già in funzione?».
Ma soprattutto «I punti nevralgici del progetto sono stati previsti sui territori amministrati da sindaci favorevoli alla Tav, naturalmente del Pdl» il che fa concludere con sincero rammarico all’ex leader della protesta istituzionale Antonioferrentino che «Il paradosso è che dopo tanti anni di battaglie e dopo aver ottenuto la modifica del progetto originario, i sindaci di centrodestra che erano rimasti alla finestra e non si erano impegnati, ora passano all’incasso». Col che anche un «metal mezzadro» padano, svegliatosi all’alba per passare l’erpice sulle colture, mentre si concede una meritata pausa con mezza mica ammorbidita con qualche bicchiere di bianco, si convincerà che ha fatto bene a votare Lega, perché questi di sinistra [e libertà] son proprio un po’ coglioni…Sicuramente capirà meglio la vera natura del problema un contadino di Borgo San Lorenzo che già diffidente di suo nei confronti della stampa padronale, ma soprattutto danneggiato per sempre [e non risarcito neanche temporaneamente] dallo scavo del Mugello, faticherà a mandar giù sia la pagnotta del giorno prima che l’articolo fresco di stampa: lui si ricorda ancora quando «il griseri de La Nazione» l’aveva rassicurato perché la Firenze Bologna sarebbe stata addirittura tutta in galleria e non avrebbe arrecato alcun danno ma solo benefici agli abitanti della zona: quegli stessi che si aspetta Gemmamprino, sindaca Piddielle di Susa cui il cronista mette in bocca che «con la stazione ferroviaria internazionale e il deposito dei treni pensiamo di dare lavoro a 150 persone».
Chissà se a uno sfortunato turista di Cortina – costretto in rifugio da questa primavera fredda e piovosa – verrà in mente tra uno vasetto di yogurt e un vassoio di speck, che con 20 miliardi di euro si potrebbe forse dar lavoro stabile, utile e sicuro anche a 150 mila persone… Ma neanche un pellegrino in coda, e proprio a Torino, per l’esposizione della Sacra Sindone – con tutta la mattinata a disposizione per meditare sul sacro testo del chierichetto della Tav subalpina, potrebbe resistere alla tentazione di condannare l’impazienza di quei senzadio delle valli [che anche il cardinale – uscente – della diocesi del lenzuolo ha spesso apertamente condannato]: «Il primo treno nel 2023 e poi 7 anni di rodaggio», sostiene senza senso del ridicolo l’architetto chiamato a suo tempo all’alto compito di presiedere l’Osservatorio che è anche stato rassicurantemente soprannominato «il vescovo rosso»: Ma perché diavolo allora c’è un’«area che non ci sta e promette battaglia in autunno a Chiomonte»?
Chiomonte [al posto di Venaus, ma anche questa è una notizia riscaldata] è un piccolo comune costretto fra alta e bassa Val di Susa dove – a gennaio, dice sempre il presidente dell’Osservatorio, si dovrebbe aprire un «piccolo» cantiere per scavare una galleria di 7 km per esplorare le viscere del massiccio d’Ambin. L’Ambin è la montagna che si oppone da alcuni milioni di anni a consentire ai Lyonnesi di scendere velocemente a Torino magari a prendere da noi [nei bei caffè della Realcasa] quel cappuccino che loro si ostinano a «chiamare caffè al latte» e che – malauguratamente – non sono ancora riusciti a capire come si fa a farlo buono…E siamo tornati alla colazione e al distratto interrogarsi tra una tazzina e – questa volta – una «brioche»: «ma in fin dei conti ‘sto treno non lo si voleva’ nel nostro giardino? Se quella è la logica, il movimento No Tav ha vinto: il progetto preliminare scansa accuratamente tutti i comuni dove più forte è stata la protesta di questi ultimi 20 anni» ammicca sempre Griseri sin dall’incipit della sua tesi ideologica camuffata da resoconto giornalistico…Un inizio convincente persino per ex dirigente che la crisi [modelloTav] dovesse aver ridotto a barbone che dovesse tra qualche mese trovare una copia di repubblica tra i giornali che adopererà sulla «sua» panchina [come coperta leggera non appena scoppierà finalmente l’estate]: perché avrà la netta sensazione che qualcuno è sempre contro, ma solo perché ha dei pregiudizi o – peggio – per principio, qualunque sia la proposta di chi ci governa – da destra o da sinistra – ma sempre con impegno e con passione e solo per il nostro bene.