mercoledì 17 febbraio 2010

La Valle di Susa difendendo il suo territorio difende tutta l’Italia

Il dibattito sulla TAV Torino-Lione sembra una contrapposizione tra un disegno ambizioso di sviluppo e una resistenza locale di un partito del No. Ma la questione è diversa. E’ naturale che il Piemonte preferisca avere un’infrastruttura moderna che non averla. E’ comprensibile che gli abitanti della Valle di Susa si oppongano ad un investimento che ritengono li danneggi, nonostante le compensazioni promesse , e che a loro non serve. Ma bisogna che qualcuno faccia un conto sul pro e contro di una decisione di spesa che riguarda il Paese intero.

La linea, per la parte di competenza italiana, costerebbe tra i 15 e i 20 miliardi di euro, come tre ponti di Messina. I contributi europei coprirebbero meno del 30% della sola tratta internazionale (la galleria di base), il resto lo pagherebbe lo Stato italiano, quello che lamenta carenza di risorse e fatica a mantenere la sostenibilità della finanza pubblica.

La domanda è allora: quale sarà il beneficio dell’opera? Gli studi disponibili mostrano che la ricaduta della TAV Torino-Lione sul sistema economico italiano ed in particolare piemontese sarebbe assai limitata. La Torino-Lione consentirebbe una riduzione dei tempi di spostamento di persone e merci (circa un’ora) verso la Francia, ma si tratta di una quota intorno all’1% dei movimenti che si effettuano in Piemonte e meno dello 0,1% a scala nazionale. Non siamo nella situazione di centocinquanta anni fa, quando fu costruito il traforo ferroviario del Frejus. La realizzazione di quel traforo significò ridurre i tempi di spostamento da un paio di giorni, a dorso di mulo, a poche ore.

L’attuale livello di utilizzo sia dell’autostrada sia della linea ferroviaria che collegano l’Italia con la Francia è molto al di sotto della capacità che servirà per i traffici per i prossimi decenni (il Fréjus ha funzionato bene anche con livelli di traffico doppi rispetto a quelli attuali nel periodo di chiusura del traforo del Monte Bianco).

Uno spostamento di domanda dalla strada alla ferrovia, a detta degli stessi sostenitori dell’opera, potrebbe avvenire solo con l’imposizione di divieti o di prelievi fiscali aggiuntivi sul trasporto su gomma, ossia incrementando il costo del trasporto e rendendo più difficoltose le esportazioni per le nostre imprese.

Anche i benefici ambientali dell’opera sarebbero del tutto trascurabili. Considerando gli elevatissimi consumi energetici nella costruzione dell’infrastruttura, le emissioni complessive di CO2 saranno forse più elevate con la Torino-Lione che senza.

Nel complesso, non solo “il debito aggregato degli Stati italiano e francese aumenterà di 16 miliardi , ma la gestione dell’opera andrà ad accrescere il loro deficit per i successivi quarant’anni” conclude un’analisi costi-benefici dell’opera che è stata effettuata sulla base dei pochi dati a disposizione. Se ci sono analisi che forniscono risultati diversi, che vengano pubblicate.

Il Corridoio Cinque non è molto di più che un tratto di pennarello su una carta geografica e non corrisponde ad un’infrastruttura unica, con caratteristiche omogenee. Contrariamente a quanto spesso affermato, la Commissione Europea non richiede affatto che l’attraversamento delle Alpi lungo il Corridoio sia effettuato con una Linea ad Alta Velocità/Capacità. Lungo quell’asse non risultano essere in costruzione altre linee AV/AC al di fuori della tratta Torino-Lione, mentre è realizzata la Torino-Milano ed è in progettazione avanzata la Milano-Venezia. Sia ad est che ad ovest dell’Italia le merci continueranno a viaggiare su reti ordinarie, come del resto da Lione verso Parigi, perché le linee AV francesi sono state costruite per far passare solo treni passeggeri.

Questi argomenti, nonostante il lavoro dell’Osservatorio tecnico governativo appositamente costituito, attendono ancora di essere dibattuti, con sereno equilibrio.

Luca Mercalli