venerdì 8 luglio 2011

Tra i Black Bloc della Valle di Susa



da looponline.info - di Dario Digeronimo

Il corteo partito da Exilles s’è mosso poco dopo le dieci.
Ma per i bambini del NO TAV la festa è cominciata molto prima.
Palloncini colorati legati al polso e le bandiere bianche e rosse che tutti volevano regalare a questi ‘gagni’ venuti da così lontano per una una valle che, in alcuni punti, non è più larga dello stadio Olimpico.
Il loro posto era dietro a uno striscione colorato. E subito è cominciata la gara per la testa del corteo: i bambini superavano i sindaci che superavano i bambini.
Vaglielo a spiegare che in altri tempi e in altre circostanze era stato un gioco così tremendamente serio da creare inimicizie eterne e rancori ridicoli quanto assurdi.


Ma siccome qui è solo un gioco, alla fine si fanno vincere i grandi: ci sarà tempo e modo per prendersela una volta per tutte questa benedetta testa del corteo. E poi chi se ne frega.
Nel frattempo, ci si prende il cuore del corteo.
Perché nel plotone dei terroristi in erba, si scherza e si fa amicizia.
Loro sono una rete vivente. Fanno amicizia fra coetanei e coinvolgono i genitori.
Il miglior social network del mondo sono i nostri figli.
E poi loro sanno tutto della TAV. Non sarebbero mai venuti al corteo se non sapessero.
Avrebbero insistito per fare altro. Nessuno li avrebbe portati contro voglia.
I bambini non sono stupidi. Né estranei  quel che gli accade intorno.
Hanno una testa pulita e sgombra e comprendere le ragioni di questa gente che difende il proprio territorio da una devastazione inutile è sorprendentemente facile per loro.
Roba che se parli con un intellettuale del PD devi sbatterci la testa, come un alpino sul Carso con il suo mulo. Ma i bambini sono più intelligenti degli intellettuali del PD.
O forse sono solo più onesti.
D’altra parte, la loro battaglia mica è nata in Val Susa.
D’altra parte, questi sono bambini aggrediti dalle politiche classiste del governo.
Sono ragazzi che sanno come stanno andando le cose nelle loro scuole.
E aiutano persino i grandi a essere ottimisti.
Per molto tempo abbiamo immaginato le generazioni più giovani disilluse e deviate.
Non è così.
Qui in Val Susa, ad esempio, non c’è scollatura, non c’è conflitto generazionale, non c’è incomprensione. Non esiste il ‘perché lo fai’ che ha contraddistinto in epoche passate il ribellismo endemico delle metropoli.
Qua è tutto molto più chiaro: sarà l’aria che si respira: sarà la forza del vento che in questa valle soffia sempre forte, tanto che a Torino si dice: il vento, è il vento che fa uscire pazzi i valsusini.
Un bel vento però. Che se in Italia soffia da qualche mese, qua son vent’anni che sbatte le finestre e apre le porte.
E i giovani della valle che hanno assediato i ‘legionari’ nelle loro fortezze sono sulla stessa lunghezza d’onda di principi e di pensiero con le loro madri e i loro padri.
E la questione in sostanza è molto semplice: qua non si svende nulla, figuriamoci la madre terra.
Che poi è la Valle, la loro valle. L’amano. Gli ha dato la vita.
Ed è attraversata - niente affatto larga - da due superstrade (la 24 e la 25); un’autostrada (l’A32) e una linea ferroviara che collega la Francia a Torino.
Ora immaginate tutto questo dentro allo stadio Olimpico.
E per cosa poi? Per ingrassare i soliti ladri.
Perché qui son montanari, ma per niente ‘piciu’.
E quindi le mamme aspettano che i loro figli facciano il loro dovere.
In questa Valle si usa così.
Pochi concetti, ma chiari. Limpidi e cristallini.
Il più importante di questi è l’antifascismo, che qui è il latte stesso che si dà ai bambini.
Ma è un antifascismo di sponda, come dire: di conseguenza.
Qua si insegna ai gagni che la libertà si conquista con la lotta.
E che chi ti vuol portare via la libertà è un fascista.
E quindi si lotta contro il fascismo, anche quando si presenta sotto falso nome.
Lineare.
Tremendamente giusto.
Tanto che per i nostri figli, ragazzi che vivono a Roma nell’undicesimo municipio, è un sillogismo facile da comprendere e far proprio.
E lo fanno con la spensieratezza, con il colore e l’allegria di chi scopre soltanto una delle mille cose stupende che ci si porta dentro in quanto esseri umani: e chissà quante ancora ne scopriranno!
Così si arriva davanti alla centrale elettrica con i bambini in prima fila: ci saremo ancora signori, statene certi, ci riproduciamo.
E i bambini risalgono la strada verso Chiomonte, lasciandosi alle spalle i più grandi che oggi misureranno la loro dignità contro lo squallore e la miseria dell’ignoranza.
E non l’ignoranza dei testi sacri, tanto cari agli intellettuali di Frattocchie, quanto l’ignoranza profonda di ciò che porti dentro l’anima dai tempi di Spartaco: ciò che ti fa uomo e non schiavo: l’intuito per la libertà.
I bambini adesso salgono tornante dopo tornate. E la salita è meno faticosa della discesa, si sa.
E mentre vanno, le mamme più anziane o le nonne cominciano a parlare al telefono: sono raccomandazioni: stai attento - dicono ai ‘grandi’ che son rimasti giù - restate insieme, mi raccomando.
Parlano preoccupate: ma non gli scappa di bocca neanche un ‘vieni via’.
I bambini osservano e non commentano: imparano: è la loro tribù.
E quando dal campo sportivo di Chiomonte cominciano a vedere i lacrimogeni in basso e sentono gli spari lontani, hanno solo una domanda per noi.
“Perché ci fanno questo?”.
Ed è in quel ‘ci’ che troviamo il senso profondo di una giornata che è diventata la migliore delle lezioni.  Nel “A sarà dura” urlato in perfetto accento piemontese da un gruppo di marmocchi della Montagnola.
Ora anche loro intuiscono e quindi sanno che la libertà è l’aria.
E l’antifascismo è il filtro per mantenerla pura.
Un’equazione che torna finalmente semplice anche per noi genitori.


Per questo, il 3 luglio 2011 noi qui in Val di Susa s’è vinto.