giovedì 7 luglio 2011

La Tav vista dai pennivendoli



tratto da il Fatto Quotidiano - di Fabio Balocco

Provo un profondo senso di disagio a leggere cosa dicono i sedicenti “organi di informazione” della giornata di domenica a Chiomonte. Non che avessi bisogno di conferme circa il fatto che la maggior parte dei giornalisti sono pennivendoli. Vi porto tre esempi passati, che casualmente riguardano tutti l’alta velocità.

Uno concerne proprio la Torino-Lione. Quando ci fu l’assalto notturno, il 6 dicembre 2005, dei poliziotti a Venaus, con un bel po’ di gente manganellata durante il sonno, lì dormiva anche un cronista di un noto quotidiano. Questo, finito l’assalto, si fiondò in redazione e scrisse un articolo dal titolo che suonava all’incirca così “Le forze dell’ordine assaltano e picchiano gli occupanti durante la notte”. Il pezzo uscì con il titolo “Scontri notturni fra manifestanti e polizia”.
Altro esempio illuminante. Tg3 Piemonte. Sempre alta velocità, ma questa volta riguardava il terzo valico tra Liguria e Piemonte. Bene, la Procura pose sotto sequestro un cantiere perché abusivo. Sapete cosa fece il tiggì? Fece un bel servizio tra gli operai delle imprese che vi lavoravano che erano rimasti momentaneamente senza lavoro!

Terzo e ultimo esempio, più recente. Eravamo lì il lunedì all’alba in attesa che la polizia attaccasse e uno grida “La Stampa dedica quattro pagine alla Tav”. Ci guardiamo esterrefatti. Non era ancora successo niente e dedicavano quattro pagine a un non-fatto
Bene, o meglio, male, che ci piaccia o no, “l’informazione” è questa. E in questi giorni ne abbiamo avuto ulteriori, eclatanti dimostrazioni.

Nessun giornale che abbia detto che l’assalto di lunedì 26 giugno poteva essere evitato dato che c’era un’ordinanza prefettizia di sgombero, ma non hanno neanche dato il tempo agli occupanti di leggerla. E le forze dell’ordine avevano pure i megafoni. E usarli per rendere edotti gli occupanti? No, meglio attaccare. In compenso, tutti i giornali il giorno dopo a dire solo che l’area era stata occupata e che c’erano state decine di feriti tra le forze dell’ordine. Ma chi gliel’aveva detto? E l’avevano verificato? E se c’erano davvero così tanti feriti, come mai a noi era stato detto da chi dirigeva le operazioni che c’erano stati solo quattro feriti? E come mai una sola ambulanza era salita su alla Maddalena e non si sa neppure se per assistere un poliziotto o un No Tav?
Domenica 3 luglio. Anche qui, quello che conta non è tanto la marcia di sessantamila persone, quella non fa notizia. Fa notizia invece, “buca” (come si dice) il fatto che ci siano stati scontri ed ovviamente contano le solite pietre lanciate da qualche manifestante (subito bollato come Black Bloc, quasi che basti avere un passamontagna per essere definito tale: la montagna d’inverno è zeppa di Black Bloc), piuttosto che i lacrimogeni (pure fuori legge, a quanto pare) lanciati ad altezza d’uomo. Ma soprattutto fanno notizia i feriti tra le forze dell’ordine. Quando l’ho letto ho pensato che si fossero menati tra loro causa la nebbia, perché all’interno dei recinti nessun manifestante è riuscito a entrare, e le pietre che lanciavano da lontano su poliziotti in versione anti-sommossa non parevano davvero idonee a ferire.
Ammettiamo però che siano stati feriti. Sono come Fabiano Di Berardino, il ragazzo di un centro sociale di Bologna di cui al video?

A cascata, rispetto alla notizia sulla moltitudine di feriti, ecco le agenzie di stampa dare ampio risalto al signor Maroni (già famoso per essere stato condannato da giovane a quattro mesi e venti giorni di reclusione per resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale e da anziano per aver gridato “padroni a casa nostra”…) che invita i pm ad inquisire i manifestanti per “tentato omicidio”, quasi che lanciare pietre da trenta/quaranta metri di distanza contro scudi e caschi sia tentato omicidio e invece lanciare lacrimogeni ad altezza d’uomo sia uno scherzo da burloni.

Ecco, questa è l’informazione di regime. Perché, questo ormai è un regime. E per il regime la Tav ormai deve apparire solo ed esclusivamente come una questione di ordine pubblico.