da l'Altracitta
La prima settimana di ottobre 2010 vede una serie di iniziative  che  interessano, non solo simbolicamente, tutta Italia: il 2 ottobre  cominciano i “NOPONTE” tra Sicilia e Calabria per dire “no al ponte” più  assurdo che sia mai stato immaginato; continueranno il 9 ottobre a  Firenze i “NOTUNNEL”, i comitati che si oppongono ad un pericolosissimo  tunnel TAV di 7 chilometri sotto una delle più importanti città d’arte;  sempre il 9 i “NOTAV” della Val di Susa parteciperanno ad una  manifestazione indetta dalla Comunità Montana e dai sindaci della loro  valle per dire “no al corridoio ferroviario” che esiste solo nella mente  di chi vuol lucrare dalla costruzione di opere inutili. Tre luoghi  simbolici che riuniscono, dall’estremo Nord al profondo Sud, passando  dal centro, una Italia impoverita dalla speculazione, rassegnata al  degrado, narcotizzata da una informazione distorta, devastata da una  enorme colata di cemento.
Le grandi opere sono ormai una delle anomalie più gravi che  attanagliano l’Italia. La serie di luoghi comuni a sostegno di questi  inutili progetti, ripetuti dai governi che si sono succeduti negli  ultimi venti anni, sono smentiti ogni giorno di più:
- Non generano occupazione: la realizzazione di opere ad alta concentrazione di capitali e mezzi genera alti profitti, ma se queste risorse pubbliche fossero destinate alla messa in sicurezza sismica ed idrogeologica dei territori, nel sostegno ad una mobilità utile e sostenibile garantirebbero un saldo occupazionale nettamente favorevole.
- Non sono utili: se analizziamo tutte le grandi opere contestate in questo periodo vediamo che rispondono a bisogni inesistenti o sono formule sbagliate per la soluzione dei problemi; questo consente di poter proporre sempre nuove infrastrutture da realizzare e generare nuovi appalti.
- Sono dannosi: tutti i progetti di cui ci occupiamo provocheranno danni enormi all’ambiente e alle città interessate; questo consentirà ulteriori appalti ai costruttori che naturalmente si propongono per realizzare opere compensative, sempre a carico dello stato, cioè dei contribuenti.
- Hanno costi smisurati: l’Italia è il paese dove queste opere raggiungono oneri quattro o cinque volte più alti che in tutte le altre parti del mondo; la struttura dei contratti che generano questi costi smisurati è molto pericolosa in quanto garantisce ai costruttori addirittura di controllare il flusso dei finanziamenti e di non avere alcun rischio economico.
- Sono concentrazione di ricchezza a scapito della collettività: acquisire una tale massa di risorse economiche collettive per realizzare opere di nessuna utilità pubblica, addirittura causando danni enormi, equivale ad un furto di ricchezza per i cittadini a favore dei soliti noti.
Questo convergere di lotte in punti altamente simbolici del nostro  paese non è frutto solo del caso, ma sintomo del forte disagio che  attanaglia il nostro paese, segno che la difesa del proprio territorio,  della propria città, della salute e delle condizioni di vita è ancora un  baluardo contro un anomalo sviluppo guidato da un sistema  economico/politico/mafioso che non esita a sacrificare ambiente e  viventi per il proprio profitto.
Questa “settimana contro la grandi opere” potrebbe essere uno dei  primi sintomi di una rinascita della politica italiana, stimolata dai  cittadini stessi, davvero stanchi del livello culturale della politica  istituzionale ormai prossimo al collasso morale e della  rappresentatività.
Qualsiasi nuovo governo dotato di un minimo di credibilità  politico-programmatica non può che muovere dalla CANCELLAZIONE della  Legge Obiettivo e dal ritorno ad una vera pianificazione nazionale dei  trasporti, che muova da reali istanze di mobilità sostenibile, evitando  gli sprechi e gli sfasci favoriti da questa normativa.
 

